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Montagna

Alla ricerca della vedretta perduta.

Sono ormai quasi 50 anni che vado per monti su ogni terreno e ad ogni quota. La memoria visiva mi mostra spesso contesti assai diversi rispetto agli anni in cui ho iniziato a muovere i primi passi.

Da casa mia in due ore e mezza ero tra il gruppo dolomitico del Brenta e l’Adamello/Presanella dal versante trentino e tutte le stagioni l’obiettivo era sempre la parte dolomitica: ero di casa al rifugio Brentei e il mitico Bruno ci dilettava sempre con i suoi racconti e i suoi consigli che, se anche ripetitivi, sapendo che tra i tanti c’era sempre il novellino, erano sempre graditi.

Trascurato invece era l’Adamello, l’arrampicata nel gruppo presupponeva un sistema diverso di approccio, una filosofia un po’ più spinta: i ramponi e una piccozza erano d’obbligo, sia pure per l’avvicinamento che per il ritorno.

Erano tempi però che consentivano itinerari abbastanza sicuri data l’abbondanza di ghiaccio, non troppo accidentato (salvo alcuni percorsi) tale da consentirci anche escursioni solitarie e non troppo impegnative su valli laterali, cime secondarie magari non troppo impegnative e pericolose.

Tutto andava comunque calato nel contesto momentaneo della stagione, non tutte erano uguali e le temperature non sempre erano uguali. C’era comunque maggiore uniformità, si sapeva che in un determinato periodo c’erano le condizioni per fare una certa via e questo accadeva quasi tutti gli anni.

Oggi le cose sono abbastanza diverse, prima di tutto i ghiacciai si sono ritirati parecchio e certe vie (basta vedere il monte Bianco e il Rosa) sono cambiate e poi gli avvicinamenti, la percorrenza di certi itinerari è diventa spesso più complicata, più lunga e a volte più pericolosa.

Mi è capitato alcune volte di voler salire una via normale, ricordando una bella vedretta che adduceva all’attacco e considerando l’evoluzione, con speranza di trovare almeno una morena glaciale ma … sparita! Solo un ammasso di pietre, magari su pendenze importanti e pericoli oggettivi non trascurabili, risultato: ritorno con la coda tra le gambe per ovvie ragioni di sicurezza.

Bocchetta d’Amola: importante passo che separa due versanti della Presanella tra i rifugi Segantini (Valle del Nambrone) e Denza (valle di Stavél). Prima di giungere al passo, si percorreva un’ampia vedretta che facilitava la salita.

Dalla distanza, anche ad inizio stagione, non si notava più la presenza di tale vedretta, che fosse sparita?

Qualche anno fa è stato avviato uno studio con utilizzo di sistemi satellitari a cura del Comitato Glaciologico Italiano dal quale si può attingere molte informazioni.

Nonostante che, se ci avessi pensato, magari avrei potuto attingere da li alcune informazioni e nonostante un amico mi aspettava al Sella (peccato ma, aveva nevicato e tutto faceva supporre che il maltempo continuasse!) sono salito al rifugio Segantini e il passo mi ha indotto a risalire verso la bocchetta d’Amola, naturalmente senza andare alla ricerca del sentiero bensì dalla valle morenica dove ha origine il ramo del fiume Sarca di Nambrone. Già, ecco il torrente!

Da dove viene tutta quest’acqua? Certo, deriverà da vedrette laterali, di sicuro ci sarà un sistema di vasi comunicanti che adduce alla valle stessa! Eppure la quantità d’acqua era sospetta!

Dopo circa una mezzora di risalita, notando le marmotte che si stavano dando da fare per cercare il giusto giaciglio per svernare, incomincio a notare che la morena nasconde una piacevole sorpresa: i rivoli, spesso impetuosi di acqua escono da buchi sovrastati da …morena glaciale, un permafrost per niente trascurabile. Una massa glaciale non di poco conto che mi accompagna per lungo tratto fino alla base del salto finale che adduce alla bocchetta.

Se però da una parte è una piacevole sorpresa, dall’altra verifico che le prime volte che ci sono salito, arrivavo dalla vedretta fino a pochi metri sotto la bocchetta d’Amola ma, purtroppo è un fenomeno diffuso! Quest’anno ho già verificato disastri in Rosa, in Marmolada, Presanella Adamello e, nel Brenta stesso: basta vedere come è cambiato il classico canalone Neri o lo scivolo della cima Brenta Bassa!

Inutile sperare in una inversione di tendenza, ormai le stagioni sono sparite, il clima è inesorabilmente più caldo e le precipitazioni sempre più scarse! E se, chi potrebbe attenuarne gli effetti se ne strafrega… c’è poco da sperare.

Continuiamo a percorrere comunque i nostri monti, sia pure con un filo di tristezza nel cuore! Continuiamo a vivere emozioni che comunque e fortunatamente questa pratica continua a procurarci.

fiorenzo

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    fiorenzo

    Libero Professionista. Mi occupo da decenni di sicurezza sui luoghi di lavoro (D.lgs 81/08) e altro. Appassionato di montagna (ho insegnato alpinismo nelle scuole del CAI come Istruttore Sezionale, Regionale e Nazionale). Sono iscritto alla SAT (sez CAI).

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